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Inter e Inzaghi, è il momento della responsabilità: la chiave per ripartire è il gruppo

Dopo il Derby di Milano in Serie A, l’Inter è già a quota due sconfitte in campionato. Inzaghi e la squadra devono cambiare rotta al più presto. Si torna subito in campo, in Champions League. E l’avversario non è di quelli più comodi: a San Siro arriva il Bayern Monaco.

CRISI INTER – Settembre è appena iniziato. C’è un’aria diversa, quella di fine estate. E al tempo stesso c’è già aria di Crisi Inter. Cinque partite giocate, due sconfitte in due scontri diretti. Tanto basta e avanza a chiunque nel mondo del calcio per dire la sua. Tutti sanno cosa non va, cosa va cambiato, dove l’Inter sbaglia. Eppure sulla panchina nerazzurra non c’è nessuno di loro.

FARE GRUPPO – È chiaro che siano diverse le questioni su cui Simone Inzaghi debba lavorare. Come detto in conferenza stampa post-Derby di Milano, il tecnico si sente il primo responsabile. Si presume che quindi la prima parte del lavoro la faccia su se stesso. Certe scelte nelle formazioni sono da rivedere. La titolarità di Roberto Gagliardini contro la Lazio rimane un mistero. Ma prima di entrare nelle questioni di campo, bisogna ritrovare un’unità di squadra. Contro il Milan l’impressione è che ci fossero undici singoli che si ritrovano a giocare assieme nel weekend. Quando manca un certo livello di qualità, per qualunque ragione, il gruppo diventa un punto di forza. I rossoneri ne sono un esempio. Banalmente anche l’Italia che ha vinto gli Europei.

SENZA LEADER – Ogni gruppo ha bisogno di un leader. Nell’Inter di Antonio Conte era lui stesso il leader. L’Inter in questo momento non ha una personalità così. In campo il capitano è Samir Handanovic, a cui la fascia venne data dopo averla tolta a Mauro Icardi. Ai tempi il portiere sloveno era all’Inter da più di tutti. Gli spettò quasi di diritto. L’impressione che si ha da fuori, però, non è quella del trascinatore. La sua situazione non aiuta. Ogni gol subìto è un dibattito se sia colpa sua o meno. L’atteggiamento di Nicolò Barella e Marcelo Brozovic non è tanto migliore. I due sbracciano, urlano e sbuffano. Il numero 23, tra l’altro, è stato un fantasma nel derby. Invisibile fino al cambio. Entra Henrikh Mkhitaryan (vedi focus) e si rivede qualcuno in quella zona di campo. Serve una scossa. Serve che ognuno si prenda le proprie responsabilità.

CAMBI MIGLIORATIVI – Dai subentrati si è vista quella fame, quella cattiveria e quella voglia che nessuno dei titolari, escluso Lautaro Martinez, ha mostrato. Primo su tutti Edin Dzeko. Non ha più vent’anni ma corre, lotta e al primo tiro in porta buca Mike Maignan. Subito dopo Federico Dimarco. Si può discutere su certi suoi limiti difensivi e fisici, magari. Ciò che invece è oggettivo è che in campo dà tutto. Da interista com’è, entra e dà la carica ai suoi. Prova a mettere qualche cross con ul suo mancino, lotta contro Junior Messias, rendendolo innocuo, tanto che Stefano Pioli è costretto a toglierlo. Anche da Mkhitaryan sono arrivati segnali importanti. Sarà anche che fino al suo ingresso l’impressione era di non avere un centrocampo. L’esperto jolly armeno, rientrato dopo il recente infortunio, dimostra comunque di essere un’ottima opzione per Inzaghi.

RIPARTIRE INSIEME – Dopo il Derby di Milano si torna subito in campo. L’Inter ospiterà il Bayern Monaco a San Siro. Solo a pensarci vengono i brividi. Soprattutto dopo le ultime prestazioni. Non c’è da aspettarsi di battere i campioni tedeschi con facilità. Ciò che è richiesto all’Inter, invece, è una reazione. Una reazione di squadra. Un gruppo unito che scende davanti ai suoi tifosi e lascia tutto sul campo. Non si può vincere sempre, ma c’è modo e modo di perdere. E non va mai bene perdere come contro il Milan. È il momento che Inzaghi dimostri un po’ di coraggio nelle proprie scelte. È il momento di unirsi e ripartire assieme per il bene dell’Inter.

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