Manchester City-Inter chiude la stagione nerazzurra con una sconfitta che fa male, soprattutto per come arriva. Una sconfitta per 1-0 che arriva al termine di una grande prestazione contro la squadra più forte in circolazione. A Inzaghi non riesce l’ultima pennellata del capolavoro disegnato, tra lo scetticismo generale, in questi mesi. Un secondo posto da cui ripartire, se possibile. Di seguito l’analisi tattica di Manchester City-Inter in Finale di Champions League
FORMAZIONE – Ecco il 3-5-2 di partenza dell’Inter scelto da Simone Inzaghi per affrontare il Manchester City nella Finale di Champions League in programma a Istanbul (Turchia) nell’ultima partita stagionale in calendario: 24 Onana; 36 Darmian, 15 Acerbi, 95 A. Bastoni; 2 Dumfries, 23 Barella, 77 Brozovic ©, 20 Calhanoglu, 32 F. Dimarco; 9 Dzeko, 10 Lautaro Martinez.
HIGHLIGHTS – Dopo lo 0-0 del primo tempo, nella ripresa al 68′ Rodri con il destro trova la traiettoria più precisa possibile tra difesa e Onana per il vantaggio inglese (1-0). Al 70′ l’immediata reazione dell’Inter viene bloccata solo dalla traversa, che salva Ederson sul furbo “pallonetto” di Dimarco con un colpo di testa ambizioso, poi è Lukaku a fungere da ostacolo…
SOSTITUZIONI – Nel secondo tempo, al 57′ e sul risultato di 0-0, primo cambio obbligato di Inzaghi: fuori Dzeko, dentro Lukaku. Staffetta già prevista in attacco ma anticipata. Al 76′, sull’1-0, arriva il primo doppio cambio dell’Inter: fuori Bastoni e Dumfries, dentro Gosens e Bellanova. Dimarco arretra da terzo sinistra in difesa lasciando spazio al tedesco davanti a sé, normale avvicendamento sulla fascia destra. Infine, all’85′ ecco il secondo e ultimo doppio cambio interista: fuori Darmian e Calhanoglu, dentro D’Ambrosio e Mkhitaryan. Un doppio cambio disperato per tentare l’ultimo attacco alla ricerca del pareggio senza stravolgere l’assetto tattico.
FLOP – Una sconfitta fa sempre male, un’altra prestazione negativa in finale anche e vale una nota di demerito: Lukaku (vedi pagelle di Manchester City-Inter). Ha sui piedi il pallone del pareggio ma il problema è la testa. Non trova l’1-1 ed evita quello dei compagni. Un film già visto. Il centravanti belga entra nella ripresa e gioca più di mezz’ora ma non fa la differenza come dovrebbe. Come vorrebbe ma non riesce. Un peccato doverlo sottolineare un’altra volta ma non ci sono alibi. Era la sua partita. Doveva essere la sua serata. E non lo è. Fine dei giochi. Scialbo.
COMMENTO – L’Inter approccia alla finale con un pizzico di paura di troppo, che rientra dopo i primi 10′ di gioco trascorsi a girare perlopiù a vuoto. Prese le misure a De Bruyne e compagni, la costruzione dal basso guardiolana diventa lenta e macchinosa. E il possesso palla non è più nelle corde della squadra di Guardiola. Il Manchester City è pericoloso sulla fascia destra ma è la stessa corsia laterale nella quale soffre maggiormente. La presenza di Dimarco è sottovalutata. Finché le maglie sono strette, è la squadra di Inzaghi a mettere in scena le cose migliori, pur senza riuscire a trovare la conclusione. L’Inter fa la partita correndo molto di più del City e, quando le distanze aumentano, Brozovic e compagni vanno in difficoltà. L’uscita di De Bruyne spezza il canovaccio di Manchester City-Inter a fine primo tempo. Quella di Dzeko fa iniziare un’altra partita a inzio ripresa. L’Inter paga un solo errore difensivo e Rodri non perdona. Il pareggio non arriva per una grande parata, una clamorosa traversa e uno-due errori sotto porta. Niente di nuovo quando si tratta di Inter. L’1-0 di Manchester City-Inter evidenzia tutte le lacune della squadra di Inzaghi: l’Inter paga a caro prezzo l’unico errore di una grande prestazione e non riesce a recuperare lo svantaggio pur (stra)meritando il pareggio. Una storia ciclica, anche figlia di una rosa inferiore.
OSSERVAZIONE – Non fosse stato in palio il trofeo più importante a livello di club, Acerbi sarebbe uscito dal campo con la candidatura al Pallone d’Oro dopo aver annullato Haaland. E invece basta un gol di Rodri per cancellare tutto quello che di buono l’Inter costruisce e mette in mostra a Istanbul. Basti pensare che Inzaghi cerca il pareggio inserendo Bellanova e D’Ambrosio. E schiera dal 1′ il già citato Acerbi e Darmian, il prodotto del vivaio Dimarco e il 37enne Dzeko. Una formazione-tipo tutt’altro che da sogno. Un capolavoro di Inzaghi, che ottiene il massimo (e anche di più) con una squadra che nemmeno poteva immaginare di presentarsi a un appuntamento simile. E invece lo fa, facendo pure bella figura e meritando ben altro risultato. Non arriva, perché queste partite vengono decise da un episodio. E l’episodio non gira a favore. Resta il rammarico per aver visto la migliore Inter solo dopo il gol di Rodri e non prima, quando sembra controllare la partita ma senza cercare lo spunto per sbloccarla. A Istanbul si è vista un’Inter affammata e cattiva ma non troppo per avere la meglio, senza ricambi, sui fuoriclasse di Guardiola: una sconfitta in Finale di Champions League si digerisce sempre con difficoltà ma in questo caso si può guardare anche il bicchiere mezzo pieno. Che non è l’aver perso solo di misura, ma aver creduto (realmente) possibile un’impresa (praticamente) impossibile per tutti.
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