Adani, ora commentatore per le reti Rai dove ieri ha fatto Spagna-Francia, ha giocato nell’Inter dal 2002 al 2004 e uno dei suoi momenti iconici riguarda un gol segnato all’ultimo secondo contro la Juventus, nelle semifinali di Coppa Italia 2003-2004. L’episodio lo ricorda in un’intervista a Il Nobile Calcio.
L’EPISODIO – Febbraio 2004, l’Inter deve sfidare la Juventus in Coppa Italia. Quella sera, Daniele Adani indossa una maglia speciale con scritto “Francesco torna”, per un ragazzo di Brescia che era scomparso da casa. E segna all’ultimo minuto, mandando la gara ai tempi supplementari: «Era un obiettivo emotivo. Ho sentito che era il momento giusto per andare avanti. Indossavo persino una maglietta speciale, come se l’episodio fosse guidato da un essere superiore. La passione per il Sud America? La mia passione è iniziata quando ho capito di condividere tanti valori con i miei compagni dell’Inter, soprattutto con gli argentini o gli altri sudamericani come Ivan Ramiro Cordoba o Alvaro Recoba. Con loro mi sono sempre trovato a mio agio quando condividevo ricordi o emozioni. Una volta terminata la mia carriera, è stata una decisione naturale andare a trovare Matias Almeyda in Argentina e conoscere le competizioni lì».
IL RAPPORTO – Adani ha ottenuto tanto dal biennio all’Inter: «Francesco Toldo persona importantissima in quegli anni. Per me è stato come un fratello, era un pilastro di quella squadra. C’erano anche tanti giocatori apparentemente di Serie B che avrebbero poi portato avanti l’Inter negli anni a venire. Abbiamo capito l’importanza della maglia, abbiamo portato il peso della responsabilità negli occhi e nel cuore e la gente lo ha percepito. Gli attaccanti sono quelli che creano lo spettacolo: emozionano le folle. Abbiamo avuto Christian Vieri, Recoba, Adriano e Julio Cruz, che è stato formidabile. L’Inter ha sempre avuto squadre ricche di qualità e spessore. È solo una questione di tempo prima di raccogliere i frutti. A volte Adriano dava questa impressione di essere onnipotente: era potente, veloce, aveva equilibrio, poteva colpire di testa e colpire bene la palla. Sapeva guidare la linea da solo o giocare con un altro attaccante».
Fonte: ilnobilecalcio.it – Mario Bocchio
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